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«Ogni opera d’arte è un miracolo».
Per la prima volta nel triennio dedicato all’arte e al cinema si è prescelta
una commedia per introdurre un’esposizione di arte contemporanea.
Una citazione essenziale estrapolata da un film semplicistico che lascia
pensare proprio alle opere d’arte. Ogni opera d’arte è un miracolo.
Frutto di attimi di creazione, istinti, emozioni, situazioni, pensieri, ricordi
attraverso l’arte si esce dall’inferno quotidiano per godere dei colori, del
piacere di immedesimarsi in spazi diversi dal quotidiano che siano
innovativi nella tecnica, lontani dal qualunquismo commerciale e che
sappiano fare la differenza. Il miracolo sorprende sempre e zittisce:
ogni opera d’arte di questo evento saprà far tacere l’osservatore.
Quattro i prescelti Lucia Contini, Luciano Curtarello, Giorgia Pelloni,
Francesco Rosina che prima attireranno l’osservatore all’intermo con
i toni e poi lo zittiranno per la grandezza dei mondi che saprà rendere
e per le emozioni che saprà suscitare. Tutte opere figurative dai tratti
differenti e dallo stile diverso; se nell’astrazione la casualità del gesto
consente un confronto sempre diverso, nella figurazione il confronto
diviene più incisivo e rilevante. Due sale in cui cromie e tratti
consentono all’osservatore di percorrere la definizione dei particolari,
la grandezza dei ritratti, le scene urbane estrapolate dalla routine,
la femminilità negli sguardi e nelle pose e l’interiorità in donne
accovacciate inquadrate in pochi gesti.
Luciano Curtarello ferma luci ed ombre di una quotidianità urbana,
diurna o notturna, offrendo spaccati di grande schiettezza
paesaggistica ed introducendo l’osservatore in quelle rappresentazioni.
Ci si sente intrappolati nelle opere e si ha voglia di saltare nel cuore
delle rappresentazioni per cogliere la schiettezza di quelle situazioni
e di quei posti raccogliendo l’intimità del paesaggio e di chi è rappre-
sentato. Ebbene sì, Curtarello riesce a giungere all’anima del paesaggio
cogliendo l’intimità di ogni posto. Parte dalla realtà per creare dei
chiaro-scuri di impatto che, resi con tonalità sempre differenti, riescono
a identificare attimi particolari. Un’arte altamente contemporanea
perché tutta questa grandezza è l’esito di una produzione digitale,
un software consente all’artista di dipingere al pc, non fotografie
rielaborate, ma una creazione digitale che dopo la stampa viene
manualmente ritoccata, tratteggiata e resa unica. Una resa digitale
grandiosa perché ogni opera d’arte gode di intromissioni
e manomissioni dell’artista sempre diverse, interpretazioni singolari
che rendono la soluzione finale irripetibile. Si assiste spesso oggi a rese
iperrealiste e tutti sono grandiose nel saper rendere i diversi aspetti
della contemporaneità: Curtarello palesa la natura digitale delle sue
opere evidenziando come l’arte contemporanea possa essere definita
tale anche perché si avvale di idea ed innovazione che in lui divengono
grandiosità e verità.
Dott.sa Anna Soricaro - Critica d’Arte e curatrice di Mostre
«A voler usare una definizione corrente, potremmo parlare
di digital painting.»
Di arte, cioè, in cui l’estro dell’autore non si esprime tramite il tratto
d’un pennello reale, ma per mezzo di strumenti tecnologici
che possono interpretare una vastissima libreria di pennelli e tecniche
di ogni tipo - dalla tempera, all'olio, all'acquerello, all'aerografia -
e impiegare tavolozze di colori infinite. Spesso, con ulteriori interventi
manuali che recuperano metodi tradizionali e fondono nuovo e antico
in un tutt’uno che sfida il senso del tempo. Del resto, da sempre gli
artisti sono tentati da processi e materiali eterogenei, realizzando opere
a tecnica mista (collage e pittura, spesso) o opere polimateriche
(con colori uniti a tessuti, carte, materiali inerti, oggetti).
Ma non lasciamo che l’attenzione si concentri sulle descrizioni più
o meno puntuali dei metodi e abbandoniamoci, invece, alla poesia
delle tele di Curtarello. Arte figurativa, certo. Nelle composizioni si sente
un legame pulsante con la pittura del Quattrocento fiammingo e del
Rinascimento fiorentino, e ancor più con l’Impressionismo della
seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento: non imitati ma
attualizzati, filtrati dalla consapevolezza del nostro tempo e caricati
d’emozioni profonde. Prendiamo le ballerine, per esempio:
sarebbe banale e tutto sommato limitante parlare di hommage à
Degas . Non sono quasi mai riprese nell’atto dell’esibizione;
si percepisce l’intensità nel silenzio della preparazione, la ricerca della
concentrazione, la frustrazione per una performance magari non del
tutto soddisfacente, l’attesa e l’aspettativa del palco. Degas, dunque,
ma anche Freud, Adler, Jung, Reich e gli altri padri della psicologia
moderna. Lo stesso avviene per i ritratti, in cui la definizione dei
lineamenti lascia trasparire sguardi intensi e parlanti, o invece
il tentativo di celare i turbamenti che albergano nel fondo dell’animo.
Persino i paesaggi non sono soltanto raffigurazioni di luoghi:
si avverte il calore del primo sole di primavera, la pioggia che bagna
i terreni e le coscienze, il vento cui si vorrebbe far disperdere pensieri
troppo pesanti per restare nel chiuso del cuore.
L’interiorità della persona resta al centro della composizione, anche
quando non vi sono umani raffigurati. Del resto, Curtarello è così:
autodidatta curioso e libero del sapere umanistico, virtuoso della
tecnica (è grafico pubblicitario), insofferente a ogni regola di cui non
riconosce la validità intrinseca, culturalmente anarchico.
Un poeta visivo, in un certo senso. Ma, se volete, dite pure
che è un digitalpainter.
Dott. Giulio Carloni - Giornalista
I soggetti di Luciano Curtarello nascono dalla fusione di
tecniche digitali e tradizionali.
Figure umane appaiono nella penombra di luoghi
misteriosi, la superficie vibra dei rapidi tocchi di pennello.
La luce si posa candida sulle fisionomie dei corpi, li trae
fuori dall'ombra, frutto di una ricerca e di uno studio
meticoloso.
L'atmosfera delle opere è contemplativa e poetica.
Un senso di intimità permette di entrare in contatto
profondo con ciò che l'occhio vede e l'anima coglie, quasi
si cercasse di intrappolare lo sguardo di questi volti che,
assorti nei loro pensieri e desideri, non sembrano
accorgersi di chi li osserva.
1758 Venice Art Studio